Calcio Femminile: una storia di lotte, leggi e passione
Nel mondo del calcio italiano, quella del calcio femminile è una storia fatta di fatica, determinazione e, finalmente, riconoscimento. Ma dietro ai riflettori recenti c'è un percorso lungo e tortuoso, tracciato anche attraverso le norme che, poco alla volta, hanno dato dignità e struttura a questo movimento.
Le origini: calcio al femminile in un Paese che non era pronto
Il calcio femminile in Italia non nasce ieri. La prima partita ufficiale si gioca nel 1933, a Milano, tra due squadre dell'Associazione Femminile Calcio, evento che suscita curiosità, ma la strada è tutta in salita. Negli anni del fascismo, il calcio femminile viene ostacolato anche a livello ideologico: lo sport è visto come un'attività virile, inadatta alle donne.
Negli anni '60, nasce la Federazione Italiana Calcio Femminile (FICF), indipendente dalla FIGC. Sono anni di entusiasmo, ma anche di marginalità. Le atlete giocano senza tutele, spesso autofinanziandosi, mentre la FIGC resta spettatrice distante.
L'ingresso nella FIGC: un primo riconoscimento
La FIGC nel 1986 integra le attività del calcio femminile. Tuttavia, si tratta di una convivenza più formale che sostanziale. Le atlete restano dilettanti, escluse dal professionismo, con campionati e tutele giuridiche molto distanti da quelle maschili.
Una nota importante sul piano normativo: il D.P.R. 633/1972, che disciplina l'IVA in ambito sportivo, e la Legge 91/1981, che regolamenta il professionismo sportivo, riconoscono formalmente la figura del "professionista" solo per alcune discipline e categorie, lasciando il calcio femminile nel limbo del dilettantismo. La FIGC, in assenza di obblighi, si limita a garantire campionati ufficiali e un'organizzazione tecnica, ma senza le tutele di un contratto di lavoro sportivo professionale.
Gli anni Duemila: tra crescita e contraddizioni
A partire dagli anni 2000, il calcio femminile inizia lentamente a guadagnare visibilità. Le squadre crescono, i vivai si strutturano e alcune realtà – come la Torres o il Verona – dominano la scena.
Nel 2015 la FIGC fa un passo decisivo: assorbe anche la Lega Nazionale Dilettanti del calcio femminile, portando tutta l'organizzazione direttamente sotto il proprio controllo. Da questo momento, si parla sempre più insistentemente di riforme e professionismo, ma ci vorranno ancora anni prima di vedere risultati concreti.
È in questo contesto che si inserisce il lavoro dell'Osservatorio Nazionale sul Calcio Femminile, voluto dalla FIGC per analizzare e promuovere lo sviluppo del movimento. In parallelo, cresce l'impegno normativo della Federazione con l'introduzione di parametri di tesseramento più flessibili, incentivi economici alle società professionistiche che sviluppano una sezione femminile, e la promozione delle giovanili attraverso i centri federali.
Il boom mediatico e l'onda della Nazionale
Il vero punto di svolta è rappresentato dal Mondiale di Francia 2019, in cui la Nazionale femminile italiana arriva ai quarti di finale. L'Italia scopre con stupore e affetto un calcio fatto di tecnica, passione e grinta, che nulla ha da invidiare a quello maschile.
Il successo ha un effetto a cascata: più tesserate, più sponsor, più attenzione mediatica. La FIGC cavalca l'onda e annuncia riforme importanti, tra cui l'istituzione di una Divisione Calcio Femminile autonoma all'interno della Federazione, con l'obiettivo di arrivare – finalmente – al professionismo.
La conquista del professionismo: la vera rivoluzione
E qui entriamo nella parte più interessante dal punto di vista giuridico. Il calcio femminile italiano raggiunge una pietra miliare il 1° luglio 2022, quando la Serie A Femminile diventa ufficialmente un campionato professionistico, il primo nel panorama sportivo femminile italiano.
A renderlo possibile è una serie di passaggi legislativi e regolamentari:
Questa rivoluzione impone alle società standard più alti, anche in termini di bilanci, impianti e staff, ma è anche un salto di civiltà. Per la prima volta in Italia, le atlete hanno accesso agli stessi diritti di base di ogni lavoratore: ferie, malattia, maternità.
Normative attuali e sfide future
Oggi la disciplina del calcio femminile è regolata, oltre che dal Regolamento FIGC, anche dalle Norme Organizzative Interne Federali (NOIF) aggiornate per includere le specificità del settore femminile. La giurisprudenza sportiva ha iniziato a sviluppare casi interessanti sul tema dei contratti, dei trasferimenti e delle tutele in caso di infortunio.
La Serie B è ancora dilettantistica, ma si lavora per un suo progressivo innalzamento dei livelli organizzativi, mentre nelle serie giovanili e regionali il calcio resta in larga parte amatoriale.
In parallelo, l'attuazione della riforma dello sport (D.lgs. 36/2021) introduce nuove regole sul lavoro sportivo, valide anche per il calcio femminile. Dal 1° luglio 2023, ogni tesserata, anche dilettante, può avere un contratto di collaborazione sportiva con regole fiscali e previdenziali più definite.
Conclusioni: un calcio che corre verso il futuro
La storia del calcio femminile italiano è la storia di un movimento che non ha mai smesso di lottare. Grazie alla spinta delle atlete, al coraggio di alcune società e a una normativa sempre più attenta, oggi possiamo parlare di professionismo, diritti e futuro.
Ma la strada non è finita. Servono investimenti, serve cultura sportiva, serve tempo. Tuttavia, qualcosa è cambiato per sempre: il calcio femminile non è più una promessa, è una realtà, ha tutte le carte – e le leggi – in regola per diventare una potenza.